Asilo Club by Mirko Volpi

Asilo Club by Mirko Volpi

autore:Mirko Volpi [Volpi, Mirko]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adriano Salani Editore
pubblicato: 2021-03-29T22:00:00+00:00


4

– Ludo, ma tu ce l’hai all’asilo un’amica del cuore?

– …

– Anche non dei Verdi, magari dei Gialli, dei Blu…

– …

– Diciamo, la tua amica preferita.

– Per merenda voglio il gelato al cioccolato.

5

Qualcosa accade, all’Asilo Club. Ma la cosa più stupefacente è che, se non sono vittima di qualche diabolica e troppo raffinata orchestrazione messa in atto dagli spietati treenni e quattrenni, addirittura me ne accorgo con chiarezza e certezza sufficienti a farmi ritenere questi giorni, abitati dai primi robusti soli della stagione, come date storiche. Qualcosa sta accadendo, forse, pur nella nostra quotidiana ignoranza delle mute regole del temibile covo, degli impercettibili balzi (in avanti, di lato, sul posto?) di Ludovico.

Oggi, mentre gli cambiavo le scarpe sulla panchetta, Margot appoggiata allo stipite della porta dei Verdi ripeteva il suo nome e lo salutava melliflua, come ultimamente mi è capitato di notare con una certa frequenza. Con sirenica modulazione della voce, che nelle profondità inesplorabili dei suoi femminili cinque anni celava forse un che di canzonatorio, lo chiamava a sé. Come sempre, come tutte le volte che càpita ed è capitato, anche con altre espansive compagne, e già dai primi mesi di Asilo Club, nei freddi dell’inverno e allo schiudersi dei primi tepori, mi aspettavo che lui la fissasse inespressivo e muto, o che la ignorasse, inibito, confuso, o forse solo incapace di incanalare le emozioni, di tramutarle in reazioni adeguate: probabilmente, di comprenderle a fondo. Mi aspettavo, insomma, la solita recita, il solito copione in cui la timidezza si fa pesante velo alla nostra comprensione. E invece, passati alcuni secondi, e lei nella sua ovvia volubilità già rivolta ai giochi cui l’avevano invitata le chioccianti compagne, Ludovico con l’esile fiato che esibisce solo in chiesa, sul far del sonno o nei per noi strazianti imbarazzi della sua personale struggle for life, la chiama, «Margot, Margot, Margot…» tre volte – non a gran voce la chiama –, tre volte la invoca, tre volte riempie l’aria dintorno delle care sillabe che cadono infine miseramente ai nostri piedi, inaudite. La sventurata non rispose.

La novità radicale in atto ha le forme di queste pseudo-schermaglie, di questa incipiente predilezione. E così, da qualche giorno, arrivando all’Asilo Club, Ludovico non attende più paziente sulla panchetta che lo spogli e gli metta le scarpe da battaglia, per poi lentamente trascinarsi in aula, ma svolazza come un passerotto, ancora tutto vestito, ed elettrico, sulla soglia della classe e ingombrando di sé quel tratto di corridoio, si fa richiamare e finalmente sistemare, e poi entra, dimentico del dovuto saluto al padre, per dirigersi a svelti balzelli al tavolo in cui Margot, seduta, lo aspetta, o non lo aspetta. Io scorgo gli annusamenti, i primi pastrugnamenti tra i due, i sorrisi indiscutibili; ammiro il loro starsene a pochi millimetri l’uno dall’altra senza sapere che farsene dello spazio rimanente, figuriamoci del tempo che, fulmineo, impiegheranno a staccarsi per cercare sfoghi e distrazioni altrove; medito, infine, su quanto qui e ora consista e gravi e conti (e conta, conta infinitamente più



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